giovedì 28 febbraio 2008

Due ore di concetti di poesia

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Le classi seconde del nostro liceo erano state invitate a partecipare a un discorso dell'attore Carlo Mega sulla poesia.

La 2° D si è recata stamane dalle 11 alle 13 (già due non sono addirittura venuti a scuola pur di uscire un'ora dopo il consueto orario del giovedì...), al teatro Celesti, quello con 50 posti a sedere in pratica.

Ho notato subito che era attore. I gesti mentre parlava, l'enfasi che metteva su alcune parole e alcuni concetti, il modo di rapportarsi con noi, anche.
La provocazione iniziale è stata una domanda: "Secondo voi, la parola può contenere, esprimere la vita?"...

E da qui sono partite varie ramificazioni, che a grandi linee sono state da lui esposte secondo un disegno cronologico: dalla poesia di Leopardi, si è passati a quella di Pascoli, con Baudelaire in mezzo, poi Ungaretti, per poi finire con Montale, che, a causa temporis, è stato soltanto accennato.

Integrava letture di poesie con spiegazioni, e con domande provocatorie che ci indirizzava, in modo da non rendere il tutto una lezioncina di spiegazione e basta. "Come si fa una poesia?", "Che ruolo ha il poeta oggi?", "Cos'è l'ispirazione?", "Cosa serve per comporre?" sono alcune delle questioni cui abbiamo cercato di dare una risposta.

La bellezza di quest'arte di raffigurare il mondo interiore di chi scrive attraverso parole, di tracciare sul foglio immagini e ritmi, musica e immaginazione, e poi leggerla, è unica.
Lui in qualche modo ha cercato di svelarla, e di farci lasciar coinvolgere e affascinare da essa.
Poesia.
Da dove veniva questa parola? Ah sì, da un verbo greco... non so come si trascriva, ma il significato è quello di "fare, comporre, plasmare, creare". Anche l'immaginazione e la finzione modellano qualcosa, e la capacità di modellare nella mente non è propria soltanto degli ingegneri, architetti o geometri.
Ma accanto a ciò, ci vuole anche tanto studio. E tanto felice studio.

"Non chiederci la parola che squadri da ogni lato" dice Montale. Vuol dire che nemmeno L'infinito di Leopardi, dopotutto, è perfetto. Non si arriva mai al completo possedimento e alla totale padronanza della parola, per descrivere una vita... perché essa muta con lo scorrere del tempo. Ci avviciniamo sì, ma non la raggiungiamo mai, la capacità assoluta.

Intanto, ci rimangono solo tanti tentativi del cimento, che dura da secoli...

Questa che segue è la poesia "I due fuchi" di G. Pascoli:

Tu poeta, nel torbido universo
t'affisi, tu per noi lo cogli e chiudi
in lucida parola e dolce verso;

si ch'opera è di te ciò che l'uom sente
tra l'ombre vane, tra gli spettri nudi.
Or qual n'hai grazia tu presso la gente?

Due fuchi udii ronzare sotto un moro.
Fanno queste api quel lor miele (il primo
diceva) e niente più: beate loro!
E l'altro: E poi fa afa: troppo timo!

Pascoli, l'essenza

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Il fanciullino è colui che ha paura del buio, perché al buio vede o crede di vedere.

mercoledì 27 febbraio 2008

Japrak - rubrica #2

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Oggi si va sul difficile, però!

Si tratta dei cosiddetti japràk (leggete la j come una normale i), delle foglie di uva con ripieno di erbe e riso. Potrei chiamarli in italiano degli "involtini di uva di vite con riso". Nella ricetta originaria greca si preferisce usare, al posto delle erbette, la carne di vitello macinata finemente. Questa è la versione più "light".


Ingredienti:

50 foglie di vite di ottima qualità (da non confondere con quelle di fico ad alta qualità)
2 cucchiai prezzemolo
2 mazzetti di aneto
1 menta
125 g di riso
150 ml di succo di limone
2 cipollotti tritati
1/2 kg erbette
1/2 spinaci
sale, pepe
olio














foglia di vite foglia di fico


Preparazione:


Lavate le mani. Poi iniziate a lavare le foglie di vite delicatamente, senza romperle. Quando le scegliete per cucinare gli japrak, fatelo possibilmente prendendo delle foglie non troppo spesse e nemmeno troppo mature. Togliete i piccioli troppo duri. Rischiano di rimanere in bocca senza possibilità di essere ruminati. Mettete da parte queste foglie lavate.

Ora scaldate l'olio in una padella e fatevi appassire la cipolla per un minuto a fuoco medio. Aggiungete a turno gli spinaci, le erbette, l'aneto, il prezzemolo e la menta, tutti sminuzzati. Poi, il riso e sale. Saltate un po', e aggiungete 250 ml di acqua (un bicchiere d'acqua più o meno) e portate a bollore, poi abbassate la fiamma, coprite e lasciate sobbollire per 20 minuti. Lasciate quindi raffreddare.

Coprite il fondo di una pentola con delle foglie già lavate (quelle che avevate lasciato da parte circa 20 minuti fa).

Inizia il divertimento: riempire le foglie di questo ripieno. Bene, prendete una foglia, apritela per bene, la parte lucida verso il basso, e mettete una polpettina della farcitura vicino al picciolo. Piegate la foglia a libro, cioè piegando i bordi e iniziando a rotolare, stretto stretto, a partire dal picciolo. Adagiate delicatamente il vostro elaborato, che deve essere abbastanza compatto e non tutto strapazzato e buchettato, sul fondo della pentola, con la chiusura verso il basso.

Finito uno strato di japrak, bagnateli con del limone e dell'olio. Finita la pentola di japrak, coprite con due dita d'acqua. Chiudete con un piatto e un barattolo pesante per tenerle ferme mentre cuociono.

Fate bollire per mezz'oretta, ossia fino a quando il riso del ripieno è cotto non troppo.

Si servono a temperatura ambiente. Nel caso in cui non riuscite a mangiarle tutte per la durata di un pasto (colazione, pranzo, cena o merenda che sia), cosa che vi risulterà difficile data la bontà di questi involtini, non temete: si conservano in frigorifero, coperte e con il loro liquido di cottura (non scolate nulla!!!), fino a due settimane!

Buon appetito!

lunedì 25 febbraio 2008

Natura invadente

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Cosa vi sembrano queste immagini? Familiari, vero?

In questo sito (www.history.com) ho trovato, tra le tante curiosità, un video particolarissimo (peccato che le mie immagini che ho catturato con il classico metodo del tasto Stamp non si vedano molto distintamente), dove vengono mostrate le più grandi opere costruttive dell'uomo di oggi, ma soffocate dalla natura. Silenziosa poi. L'uomo non sarà più in grado di intervenire...

Dato che non si vede molto:

Nella prima foto, Mont Rushmore, i quattro presidenti statunitensi.
Nella seconda foto, ho cercato di fermare il momento del crollo di uno dei grattacieli più alti al mondo, il Sears Tower di Chicago.
Nella terza, il Golden Gate Bridge di San Francisco (che in realtà è rosso-arancione, qui è grigio-verdognolo).
Nell'ultima, Buckingham Palace di Londra.

Chi vuole vedere il video completo, qui il link.

domenica 24 febbraio 2008

Regresso

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(...)
Nascondi le cose lontane,

nascondimi quello ch'è morto!

Ch'io veda soltanto la siepe

dell'orto,

la mura ch'ha piene le crepe

di valeriane.
(...)


[Giovanni Pascoli, Nebbia].


Sleek can... in arrivo!!!

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Avete notato che le lattine hanno cambiato forma?
Io pensavo fosse una scelta solo della Coca Cola, una possibilità di scelta in più per il consumatore, ma non ci avevo badato più di tanto.

Finché ho letto un articolo qui dove vengono spiegati i motivi di tale cambiamento di "stile".

In realtà, la forma delle sleek can (lett, "lattina lucente" o "elegante", questo il nome con cui sono stati battezzati appunto i nuovi modelli di lattina più snelli e alti) già esisteva ed era usata dagli energy drink (la Red Bull, per esempio).
Le differenze? Beh, più strette e slanciate, eleganti, più pratiche e più attraenti. Il contenuto è sempre lo stesso (330 ml).

La Coca-Cola stessa direbbe che "hanno un elevato potenziale di attrazione, legato, oltre alla sua immagine, anche alla praticità e alla forma più innovativa, più maneggevole e più in sintonia con le esigenze del consumo d'impulso".

Piano piano, a partire da maggio, verranno completamente sostituite le vecchie "classiche" lattine, lanciate in Italia già 30 anni fa, ormai troppo tozze per i gusti moderni.

Personalmente, non ho 'sta grande attrazione in più verso le sleek... Forse sembra che contengano più liquido, quello sì. Anzi, mi sembra che ci sia anche il fatto che si utilizza più materiale (alluminio) per fabbricare queste lattine tecnologiche, a meno che non sia più sottile la lamina. Uno svantaggio al giorno d'oggi, sicuro.

Idiomi sfuocati

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Una rana...

Ultimamente abbiamo installato una parabola per la tv in modo da poter guardare i canali dall'Albania; oggi a pranzo era accesa (la tv, intendo), le voci del presentatore, del giornalista, della cantante arrivavano in cucina.
Mi sono chiesta come deve essere per uno che non conosce l'albanese la musicalità e il ritmo di questa lingua. A me sembra tanto normale...
Quando sento qualcuno, che sa l'italiano, attaccare a parlare un'altra lingua, spesso mi pare che cambi anche l'altezza della sua voce e il modo di emettere i vari suoni non è più lo stesso. Sembra un'altra persona quasi... più dolce, più decisa, più timida, in base alla lingua.
Fa effetto...

Così, curiosa di sentire parole della lingua albanese con le orecchie di uno che la ignora, ho cercato di estraniarmi dalla mia capacità di collegare suoni a significati; dopo quasi dieci minuti di tentativo, ogni tanto c'era qualche frasettina sparsa che ascoltavo soltanto per la musicalità e l'impressione generale, immediata e incondizionata, che le mie orecchie percepivano. Per poi ritornare normale. Avevo l'impressione che si ha quando si vuole mettere a fuoco con gli occhi un oggetto più vicino o più lontano a noi, oppure quando si cerca di scoprire la doppia interpretazione di un disegno illusionista (quei giochini che si trovano nei giornali).

Quindi, i due punti di vista uditivi (che sinestesia, eh!) si confondevano, prima prevaleva uno, poi l'altro. Ma per pochi istanti...

Come mi è sembrato? Simile un po' al russo. Per le vocali e per le sh, forse.

Però, dimenticare di sapere è difficile. Non riuscirei mai a tentare qualcosa di analogo con l'italiano, ne sono convinta. Sfumare la conoscenza e i legami quasi involontari che il nostro cervello effettua fino alla dimenticanza, di questo si tratta.

Mi viene in mente l'esercizio a teatro, venerdì scorso.
Non ne ero capace.

... o un cavallo?

sabato 23 febbraio 2008

Fede e scienza

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Un paio di martedì fa, al gruppo adolescenti si è parlato ampiamente dei rapporti, a mio parere più tesi nella nostra mente che nella realtà dei fatti, tra scienza e fede. A fine discussione ci era stato lasciato un foglio con alcune considerazioni e riflessioni al riguardo.

Tutti sanno che c'è uno squilibrio, nella gente, tra le competenze culturali e scientifiche, e quelle religiose. Per cui, alcune domande sia dell'uno (scienziato) che dell'altro (credente) rimangono senza soluzione: nessuno possiede uno dei due campi in modo perfetto.

Voglio citare alcune frasi del foglio, che sono un po' i punti salienti del ragionamento, che tratta proprio di questo argomento.

Come si considera la scienza?

La ricerca scientifica solo apparentemente è neutrale e immune da scopi e presupposti che la orientano e la influenzano. Chi pensa che la scienza da sola basta a capire l'uomo e il cosmo, cade nello "scientismo": assume una particolare prospettiva di conoscenza della realtà e l'assolutizza.
(...)
Ci sono oggetti che sfuggono a queto metodo di indagine.
(...)
La scienza, oggi come ieri, non può dare la risposta ultima sul mistero della vita.

Sinceramente non vedo lo scientismo, come viene qui definito, qualcosa di negativo.
Di per sé, la scienza viene vista come un bastone rigido, un pezzo di ghiaccio freddo e solido, e altrettanto gli scienziati; in netto contrasto, quindi, con le parole "inspiegabile", "mistero"... poco aperti anche a stimoli di diverso tipo. Una mente scientifica in tutto e per tutto non esiste. Quelli sono i robot.
Nello scienziato c'è piuttosto la volontà di capire l'uomo e il cosmo, grazie alla scienza. Il tentativo.
Come diceva Icio, alla fine tanti grandi scienziati (v. Einstein) della storia sono giunti alla conclusione che: eppure c'è qualcosa che va oltre...
Sembra che la ragione sia in grado di comporre tanti pezzi, sì, trova tanti piccoli collegamenti, ma manca sempre quello che li racchiude tutti... si ha forse come l'impressione di quando si è lì per lì di trovare la soluzione definitiva, ma essa sfugge in qualche modo. Si nasconde tra le righe, come per dispetto.
E' impossibile assolutizzare, secondo me, concetti come "ragione" e "fede". L'uomo non è in grado di ragionare sempre in quelli o questi termini.

Cosa si dice invece della fede?

Anche la fede cristiana ha un oggetto proprio. Essa si pone nella prospettiva dell'apertura all'amore incondizionato di Dio, resosi manifesto e disponibile in Cristo e comunicato agli uomini di ogni tempo nello Spirito del Signore risorto.
(...)
La fede cristiana ha essa pure il suo presupposto, in corrispondenza al quale la fede sviluppa i suoi criteri di verità, il più possibile adeguati al suo oggetto.
La fede non può rinunciare a quel libero e amoroso affidamento che è l'unico mezzo per raggiungere il senso dell'esistenza umana e l'identità personale di Dio. (...) Similmente, l'apertura fiduciosa della fede non rinuncia alla necessità di una verifica razionale, anzi la esige.

Nella prima frase viene rivelato quello che è un po' un "assioma" (volendo usare termini matematici) della fede cristiana. Ho evidenziato apposta le tre facce della Trinità. I legami che intercorrono tra essi sono appunto l'amore, la manifestazione, la rivelazione, e il perdono conseguente la risurrezione.
I naturali corollari di questo assioma vengono chiamati criteri di verità, che "ruotano" intorno all'oggetto.
Tutto questo è possibile grazie a una grossa parola che viene citata, l'affidamento.
Ma questo non va inteso come "andare alla cieca". Noi ci accorgiamo della presenza di questa identità se riusciamo a captarne i segni rivelatori.
D'altra parte, tale processo esige anche di una verifica razionale, senza però snaturare la fede.

Concludendo questa contrapposizione:

Scienza e fede non si escludono a vicenda: essendo mosse da istanze diverse e guadando al proprio oggetto di conoscenza in prospettive differenti, ciascuna sollecita l'altra ad una maggiore trasparenza ed autenticità.

Forse il post è un po' lungo...
Parlerò della magia in un altro.

giovedì 21 febbraio 2008

Brahms, danza no.2 a 4 mani

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Ci tengo a mettere sul blog questo pezzo, perché è il primo serio che suonerò al saggio di fine anno a 4 MANI!!! Con una ragazza che in realtà ha già fatto il quinto di pianoforte, e che contribuirà a sotterrarmi dalla tensione nel suonarlo...

Ad ogni modo, questo è l'unico video che ho trovato su youtube





Io dovrò suonare la melodia alta...

mercoledì 20 febbraio 2008

Tarator - rubrica #1

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Un po' di varietà in questo blog.

E' con gran piacere che apro questa rubrica, per gli amanti delle specialità culiniare estere, dai sapori anche un po' diversi da quelli cui si è abituati, e delle tradizioni di altri Paesi.

Beh, non potevo che non introdurre qualche piatto tipico della cucina... albanese!
In realtà, essa ha subito notevolmente l'influsso di quella slava, greca e turca, che ha elaborato più o meno fantasiosamente.

In questo primo post di inaugurazione, tratterò di qualcosa di semplice semplice... perché come ben presto scoprirete, alcuni piatti sono davvero elaborati (e spesso questo è sinonimo anche di calorici, ocio!).

Si chiama "tarator". Va benissimo come accompagnamento a un piatto leggero, al posto della solita insalata ai pomodori, per esempio. Ottima in estate, perché rinfrescantee di ingredienti semplici.

Per una tazza di tarator:

- 250 grammi di joghurt bianco; - circa 150 ml di acqua; - mezzo spicchio d'aglio; - mezzo cetriolo; - olio d'oliva; - sale.

Preparazione:
banalmente, si mescolano lo joghurt con l'acqua in modo da rendere meno denso il tutto (però se vi piace più liquido, aggiungete quanta acqua volete, o , al contrario, se la preferite senza neanche un po' di "diluente", lasciate così lo yoghurt).
Aggiungere l'aglio (se non lo sopportate, è indifferente, non mettetelo).
Grattuggiare il cetriolo e aggiugete anch'esso.
Mescolare per bene con un po' di olio d'oliva e sale.

Le quantità che ho messo sono indicative, anzi, sono quelle che preferisco io... naturalmente potete dosarle come più vi piace.
L'importante è che ci siano cetrioli con olio, sale e YOGHURT... E assicuratevi che sia bella fresca!
Se siete stati bravi, il risultato dovrà essere simile a quello della foto.




Alla prossima ricetta!

venerdì 15 febbraio 2008

Una piccola fortuna

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Ieri sono andata alle prove del coro della mia parrocchia. (A proposito, colgo l'occasione per fare ancora pubblicità... chi volesse venire il giovedì sera dalle 20.45 alla parrocchia di San Zeno si tengono le prove del coro; chiunque è invitato, in particolar modo i ragazzi che abitano in zona, dalle medie in su).

C'era un libriccino, con preghiere, canti e diverse riflessioni. Sfogliandolo, ho trovato una frase di quelle per cui non ci credi che sia stato il puro caso a fartela capitare lì davanti, in quel preciso momento. Una frase tra tante, scritta in caratteri standard, non era né evidenziata, né posta come titolo o sottotitolo. Una frase in mezzo a una storia. Ed è capitata.

Più o meno suonava così:

Non fidarti mai degli altri in tutto e per tutto. Il tuo vero punto di appoggio sei tu stesso, e Dio.


Avrei voluto che qualcuno me la leggesse ad alta voce, sempre in quell'istante. Oggi per esempio, già non ha più senso.
Avrei voluto, perché no, cantarla. Magari in forma più poetica, di sicuro.

Però era lì e l'ho coccolata nella mente e nel cuore per un po' di tempo.
Dopo una grande delusione, davvero non c'è cosa migliore. Mi ha curata. E' incredibile.

Tralasciando magari: "e Dio", che amplia il discorso su altre tematiche che preferisco non toccare, questa frase può apparire estremamente rassegnata e pessimistica. Anche fredda.
Cassa dice, da qualche parte nel suo blog, non mi ricordo precisamente il post, che l'amicizia non esiste.
La prendiamo come utopia quindi? Chi ci dà i limiti di esistenza e di significato di questa parola?
Chi ci può dire che QUESTA è amicizia, QUEST'altra in realtà non lo è, QUESTA è finita, QUELLA vivrà ancora tanto?

Nessuno. Quindi, nel nostro piccolo ognuno si deve arrangiare e deve porsi, sempre con coerenza e senza discriminazioni di alcun tipo, una propria idea di amicizia. E che valga con tutti.
E mai puntare troppo in alto. Non bisogna essere mai troppo esigenti con i fatti grandi, quelli più di noi.

giovedì 14 febbraio 2008

De magnis cordibus

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Oggi è San Valentino.

La mia pagina dei contatti di Messenger è inondata da cuoricini rossi, dappertutto. C'è chi ne mette uno, piccolino, solitario; c'è chi ne mette 10, c'è chi mette i puntini di sospensione dopo di esso, c'è chi lo completa con una frase. C'è chi lo usa al posto del proprio nome.

Qualcuno è disperato per il regalo; qualcun altro invece ha già passato una divertentissima giornata.

Qualcuno ammette pure di amare, ma tanto tanto tanto.
Come dire...
tatttttfxfxfx

Quanto amore in giro...

Beh, auguri a tutti i Valentino e Valentina!

venerdì 8 febbraio 2008

Disgraziati da Rubik

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Hey, tu!


Parlo a te! Sì, te! Non essere timido, ti ho visto!


Ti ritrovi nell'espressione corrucciata della bambina qui accanto, e giustifichi la bambina, solo per la tenera età, ma non te stesso, perché hai già qualche anno in più di lei?



Sei uno/a dei tanti che, come la sottoscritta, si è comprata uno di quei cubi di Rubik sentendo in giro un parente o un amico in grado di risolverlo in qualche minutino, magari anche con le mani dietro la schiena, e tu, incredulo/a della indescrivibile difficoltà in realtà nel completare il giochino, ne hai comprato uno e dopo tanto tanto tempo di tentativi ti sei arreso/a, concluendo soltanto una faccia completa? O due? Poco cambia. Hai fallito, non sei capace. Rubik te l'ha fatta. Ti ha fregato, è stato più furbo di te.


Ti arrendi. Lasci stare, quelle facce colorate non sono per te, si vede, è chiaro, non illudiamoci. Lo so anch'io, dai!


Hey, tu! Hai tutti i prerequisiti necessari per continuare a leggere il post, se hai risposto "sì" e "sì".
Ma... non puoi arrenderti così!


C'è chi ha pensato anche a noi. C'è un amico che ci aiuta, a noi incapaci.


E poi fai vedere il risultato all'amico o al parente che te l'ha fatto davanti al muso in qualche minuto.
Ah, dimenticavo! L'unico incoveniente: devi trovarti una buona scusa per andare su internet, proprio in quel momento: ti serve, è indispensabile, altrimenti il "trucchetto" non funziona! Cerca di spiegarglielo in modo convincente!



Per chi non sapesse cos'è il cubo di Rubik, è quello composto da tanti cubettini (quello standard ne ha 3x3 per faccia) rotabili solo unitamente alla faccia qui appartengono, e ogni cubettino ha un colore diverso, per un totale di otto colori, come le facce. Risolverlo significa ricomporre tutte le facce in modo che ognuna di esse sia composto da cubetti dello stesso colore. Insomma... leggete qui se non avete capito.

Pre-meditazione

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Correggo il post di prima... non vado a fare geometria. Ho altro a cui pensare.

Ho bisogno di riflettere pacatamente. Sono sconvolta: non nel senso di stanca, non nel senso di meravigliata, non nel senso di profondamente delusa. Sono stata soltanto un po' scossa, mi è stato dato uno strattone un po' più forte dell'aspettato, e ho barcollato per un po' di giorni.

Prima di tutto, devo oganizzare un po' di idee riguardo al significato della parola amicizia. E' un discorso serio.

Dilettante di geometria

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Bene, ci sono i problemi di geometria. Iniziano a darmi qualche difficoltà; eppure, non sono niente di straordinario. Alcuni sono addirittura intriganti, perché basta una considerazione, piccola ma efficace, per risolvere il tutto in un passaggio o due.
Concludendo in questo modo, si arriva al punto in cui mi dico: "Bene, ora sono sicura che nel prossimo problema sarò in grado da sola di trovare la considerazione azzeccata... Bisogna farci l'occhio, dai, è una stupidata, in fondo..."

Quindi, con un sentimento di sfida verso me stessa, inizio a fare il secondo dei 5 problemi di compito...
Sì. Sì... Sì?

...Dai dai... Ci siamo...

No, invece! Stavolta, sono sicura, il procedimento è quello corretto. Sono i calcoli a non venire, non può essere altro.
Per forza.
AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!
Non può essere!!! Non sono abituata a non capire, dopo tanti esempi fatti.

Un motivo c'è, ci deve essere. E lego sempre i miei piccoli insuccessi a qualcosa di più grosso, che coinvolge altri piccoli insuccessi, anche sconnessi fra loro, e che riguardano diversi settori di una giornata. A partire dalle relazioni, arrivando all'interrogazione, alla distrazione, alla mancanza di entusiasmo, o l'eccessiva voglia di fare.

Pfff...

E cosa c'è, in questi giorni? Scoperte grosse, derivanti da improvvise delusioni e stato di "né di qua, né di là".
Inadeguatezza. Manca un punto di riferimento. Senza, si cammina guardando i piedi, le cicche del marciapiede, per cui tutta la bellezza del lontano viene completamente ignorata.

Vado a finire geometria. Forse, devo solo girare la figura, e le relazioni tra i triangoli magari le vedrò più distintamente... Devo solo cambiare prospettiva.

Pfff..Pf.

mercoledì 6 febbraio 2008

Un futuro senza atomiche

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UN FUTURO SENZA ATOMICHE

COMINCIAMO SUBITO


Campagna per una legge di iniziativa popolare
che dichiari l’Italia

“Zona Libera da Armi Nucleari”

Art. 1 - Obiettivi e finalità
1. Il territorio della Repubblica Italiana, ivi compresi lo spazio aereo, il sottosuolo e le acque territoriali, è ufficialmente dichiarato “zona libera da armi nucleari”.
2. Il transito e il deposito, anche temporaneo, di armi nucleari e di parti di armi nucleari non è ammesso in nessuna circostanza sul territorio della Repubblica, così come individuato al comma 1.
3. Il Governo provvede ad adottare tutte le misure necessarie, sia a livello nazionale che internazionale, per assicurare la piena applicazione del presente articolo entro e non oltre il termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

FIRMA ANCHE TU

Domenica 10 Febbraio dalle ore 9 alle ore 13

In:

Desenzano P.zza Malvezzi

Rivoltella Via Di Vittorio

Per ulteriori informazioni puoi visitare:

www.unfuturosenzatomiche.org

lunedì 4 febbraio 2008

Esercizio in corso

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Non mi piace entrare negli affari degli altri, né criticare qualcuno per il semplice gusto di farlo.

Se rimprovero qualcosa a qualcuno, è perché ho un particolare rapporto con lui, perché mi piacerebbe vederlo diverso, per il suo bene. Certo, questo mio rimprovero sarebbe soltanto uno stimolo, anche solo un parere personale; pure sbagliato. Ma niente è sbagliato in assoluto, così come niente è giusto universalmente.

A volte un rimprovero rivoltoci che giudichiamo sbagliato è stato soltanto uno stuzzichino per riflettere di più su una parte di noi che non avevamo mai davvero considerato seriamente.

Quindi, non mi interessa far notare un difetto a coloro di cui non mi importa tanto, o perché non ho particolari legami con loro, o perché non li conosco sufficientemente, o semplicemente perché non me la sento di intervenire nei loro abitudinari atteggiamenti o nel loro carattere; anche perché quest'operazione (di giudizio) mi richiede di prendere in mano quella parte critica di me (che spesso affiora eccessivamente), disturbarla, usarla, e riporla lì dal luogo di prelievo, una volta conclusa la mia osservazione. Spreco di energie, no?

Beh, ora vedo e lascio stare. Faccio passare. Non si può incontrare uno che fuma per strada e raccomandargli: "guardi, signore, lei sta facendo un grandissimo errore. Sa, fumare fa male alla salute, è stato accertato ormai da anni che il fumo danneggia gravemente lei e chi le sta intorno. Ostruisce le vie respiratorie; aiuti i suoi polmoni a riacquisire la loro naturale capacità di respirazione, gettando nell'apposito cestino dello sporco questa sigaretta, così com'è, a metà....".

Così, non mi interessa più rimproverare chicchessia.
Non si creda che è stato facile per me arrivare a buoni risultati in questo senso...